Agosto è per molti momento di pausa, e quale modo migliore per vivere una pausa da stress quotidiani, lavoro o scadenze se non quella di dedicarsi alla lettura di libri che meglio si avvicinano all’approfondimento di temi che ci appassionano.
oggi ho deciso di proporvi una recensione interessante su contributo di Ameriga Giannone, collaboratrice giornalistica per Corriere Asia, nostro media partner ufficiale, e viaggiatrice accanita in Asia, laureata in Lingue e Culture Orientali. Ameriga non spreca anche parole di critiche costruttive sul testo che vi proponiamo. sarebbe interessante capire cosa ne pensano quanti l’hanno già letto o il parere di quanti lo leggeranno dopo il nostro invito.
Il testo che vi consigliamo di portarvi sotto l’ombrellone in questa seconda metà di agosto vi aiuterà a capire la realtà giapponese in una dinamica sociologica accattivante: lo studio della realtà femminile. Mai come nel caso giapponese, la donna riveste un ruolo interpretativo chiave della società, dei suoi schemi, così come del paradigma comunicativo vigente.
Ecco allora un testo da aggiungere alla vostra libreria specializzata accanto a “la Società Giapponese“ di Chie Nakane, testo di cui vi avevo già ampiamente parlato in una recensione precedente.
Come sempre vi auguro la migliore delle letture e vi ricordo che sia io che Ameriga siamo disponibili a rispondere, leggere o pubblicare i vostri commenti in merito sulle pagine del nostro blogsite!
Paolo C.
ASG
Da un analisi di Ameriga Giannone. Potrete leggere il testo completo del seguente contributo direttamente dalle pagine di Corriere Asia, magazine specializzato nell’informazione a filo diretto con l’Asia Orientale
Nel Giappone delle donne
Antonietta Pastore
2004
Einaudi tascabili
Prezzo di copertina: 9,50 euro
Il libro di Antonietta Pastore “Nel Giappone delle donne” è un tentativo apprezzabile di spiegare ad un’ audience italiana il ruolo e la posizione delle donne giapponesi nella loro società di origine. Attraverso il racconto delle vite di alcune donne conosciute dall’autrice durante gli anni trascorsi in Giappone, il libro analizza, forse in maniera un po’ semplicistica, costrutti sociali quali ad esempio matrimonio, famiglia, lavoro e industria del sesso (il famoso “mizu shobai”).
Nel testo si mescolano analisi socio-antropologiche a frammenti narrativi che riguardano la vita e l’esperienza in prima persona dell’autrice (il divorzio dal marito, la decisione di ritornare definitivamente in Italia, i sentimenti contrastanti riguardo ai giapponesi), rendendolo scorrevole e di facile lettura.
Per quanto realistica, si tratta forse di una descrizione della condizione delle donne nipponiche troppo perentoria. Sono interessanti, per questo motivo,le storie che la Pastore pone come contrappeso, storie in cui le ragazze rifiutano di rinunciare alla carriera per asservirsi ai bisogni del marito o dei figli. La prima storia di questo tipo arriva qualche capitolo dopo, quando la Pastore si occupa delle giovani giapponesi, ed è la storia di Fumiko, che intraprende una brillante carriera nel settore dell’abbigliamento, per lo meno finchè la Pastore ha rapporti con lei. Dal momento che le due non sono più in contatto però è anche possibile, l’autrice sospetta, che la ragazza non sia riuscita a perseguire i suoi sogni lavorativi e sia finita anche lei a fare la casalinga. Si sospetta quindi l’ennesimo fallimento, ma il lettore deve attendere poco perché nel capitolo successivo troverà due storie finalmente “a lieto fine”: quelle di Yuriko, che diventa un’importante manager aziendale, e dell’energica Furukawa sensei. Quest’ultima riesce a farsi strada nel mondo del lavoro proprio grazie al fatto che sia rimasta vedova molto presto e senza figli a carico.
Il libro ha delle pretese scientifiche, ad esempio quando sciorina verità antropologiche del tipo “il Giappone non è l’America dell’happy end, qui l’obbiettivo perseguito non è il lieto fine ma l’interesse del gruppo” oppure “in Giappone (…) non si mostrano in pubblico gli affetti privati, tanto meno negli ambienti che si frequentano per studio o per lavoro”. Tuttavia, “Nel Giappone delle donne” pecca della presunzione propria di un testo senza citazioni né referenze e con una bibliografia ridotta all’osso.
La recensione procede e termina dalle pagine di Corriere Asia.
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