Artigianato fiorentino in Giappone

 Da Osaka, Giappone – Paolo Soldano
 
0f34a9bb8197a13d6eaa0cc54facb7b1.jpgDa una piccola bottega fiorentina al Giappone il passo è breve. Il segreto? L’artigianato italiano, la qualità del prodotto, la passione per il lavoro. È la storia di Giuseppe Fanara, artigiano di Firenze titolare del negozio “Il Bussetto”, che ASG ha incontrato in occasione dell’annuale “Festa Italiana” nel grande magazzino Hankyu di Osaka.

Arrivati al settimo piano di uno dei grandi magazzini più famosi di Osaka, si è subito investiti dai sapori e dagli odori tipici del Bel Paese: è la “Festa Italiana” patrocinata dall’Istituto del Commercio Estero e organizzata dal grande magazzino Hankyu di Umeda, la fiera commerciale italiana per eccellenza, dove i prodotti italiani trovano largo spazio e dove gli estimatori sono accorsi in massa. Dieci giorni di degustazioni, dimostrazioni culinarie, rappresentanze dell’artigianato locale. È proprio questo ultimo punto il nuovo trend che stimola la volontà d’acquisto dei giapponesi. Dimentichiamoci le grandi firme, le medie imprese, gli imprenditori con la “i” maiuscola: qui a farla da padrone sono i piccoli artigiani, come Giuseppe Fanara, 46 anni, sposato con due figli (“Spero che almeno uno dei due voglia continuare il mio lavoro”) fiorentino doc, che abbiamo incontrato mentre lavorava al suo stand.
Senza una struttura di appoggio alle spalle, senza ingenti capitali da investire, senza conoscere il mercato giapponese e le strutture italiane che ne facilitano la conoscenza (“Ho saputo dell’esistenza dell’Ice solo pochi giorni fa, alla conferenza stampa di presentazione della fiera” -ha confessato), è riuscito ad essere apprezzato da molti clienti giapponesi, tanto da far diventare il Giappone lo sbocco principale della sua attività.

“Lavoro con il Giappone da quando ho aperto il negozio e ho cominciato ad avere contatti con il pubblico. Piano piano ho iniziato ad avere clienti giapponesi, e adesso sono più dell’80% del totale”.

Paolo Soldano – Da quanto tempo partecipa a questa fiera?
Giuseppe Fanara – Ho cominciato l’anno scorso, quindi è la seconda volta. Per me è un grande impegno perché devo riuscire a prepararla bene, organizzarmi in negozio, trovare qualcuno che lo tenga aperto.

È infatti questa la cosa più sorprendente: Giuseppe Fanara è l’artigiano italiano per eccellenza, che lavora da solo nel suo laboratorio, senza aiuto, senza commesse, senza collaboratori. Un mondo che sta pian piano scomparendo, ma che sembra abbia trovato in Giappone un terreno fertile.

G. F. – Sono da solo. L’azienda sono io.
Nel ‘79 ho smesso di studiare e ho cominciato a lavorare a bottega, a 16 anni, da un artigiano che faceva questo lavoro, in un laboratorio vicino a casa. Ho imparato il mestiere lì.

Messosi in proprio dall’87, Fanara ha cominciato a crearsi il suo giro di clienti, a farsi conoscere sempre di più, fino a produrre accessori in cuoio e pelle anche per grandi firme come Armani, Dolce&Gabbana, Borbonese.

P.S. – Qual è il Suo segreto?
G. F. – Mi è sempre piaciuto il lavoro: mi dà soddisfazione e lo faccio volentieri. Creo con le mie mani la cosa, la sviluppo, la vedo finita. Faccio principalmente portamonete, ma anche porta biglietti da visita, porta penne, porta occhiali, scatole in cuoio. Per fortuna in tutti questi anni ho potuto continuare a lavorare come volevo e oggi sono molto soddisfatto perché qualche tempo fa non l’avrei mai detto che sarei venuto in Giappone a far vedere le cose che faccio ed essere apprezzato.
Qui mi sento un po’ prigioniero, con degli orari, dei tempi da rispettare, mentre quando sono a Firenze mi sento libero: è proprio questo che mi piace. Il lavoro lo devo fare io, quindi me lo gestisco come meglio credo.

P.S. – Perché i giapponesi apprezzano così tanto i suoi lavori?
G. F. – Probabilmente perché si vede che sono oggetti curati, fatti bene, lavorati a un livello elevato, nonostante siano cose piccole. Per essere un lavoro artigianale e di fascia media, acquistabile da tutti, si riconosce una lavorazione fatta bene. Secondo me più del design conta il fatto a mano, fatto bene e molto curato. Questo è il valore aggiunto. Le mie produzioni sono tutte arrotondate, non hanno spigoli, hanno forme dolci e non ci sono cuciture. In più uso il cuoietto fiorentino.
Il cliente giapponese è molto esigente, quindi deve esserci qualcosa che lega il mio lavoro al gusto e alla qualità che loro vogliono.
Ho avuto persino a bottega molti ragazzi giapponesi, che sono venuti a imparare il mestiere per un po’. Molti giovani mi chiedono di lavorare con me o di stare a guardare, per imparare il più possibile. Per i giovani italiani è difficile, probabilmente hanno un’altra mentalità.
Secondo me comunque l’artigiano deve essere da solo, perché potrei anche
trovare qualcuno che vuole imparare, ma è difficilissimo, e non ho la possibilità di stargli dietro. E poi ci sono problemi burocratici.

Ancora una volta sono dunque qualità ed estrema ricercatezza le due costanti, non solo il generico marchio “Made in Italy”: una tendenza che, se adeguatamente stimolata, potrebbe risolvere molti problemi ai piccoli/piccolissimi artigiani e imprenditori italiani, che non trovano più sbocco sul mercato nazionale.

G.F.- Sembra incredibile ma per me adesso è difficilissimo trovare un cliente italiano, pur lavorando a Firenze. Ho avuto contatti con Stati Uniti, Germania, Francia, ma piccole cose. Sono i giapponesi i clienti che più apprezzano il lavoro. Avendo il negozio ho una vetrina importante. La cosa principale è che devi essere visibile, altrimenti non fai nulla, rimani nella bottega e basta.

 
Paolo Soldano 
ASG News 
Artigianato fiorentino in Giapponeultima modifica: 2007-12-03T06:05:00+01:00da inokashira
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